Ho letto e studiato nelle scorse settimane Rispetto, un testo del 2012 di Roberto Mordacci , filosofo morale, docente all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e fondatore del Centro Studi di Etica Pubblica e del blog moraliaontheweb.com. Ero alla ricerca di spunti e idee per progettare una serie di interventi di sensibilizzazione per tutti i people manager del Gruppo BancoBPM che, sul tema del rispetto, ha avviato un programma triennale di ampio respiro con iniziative molteplici e differenziate, rivolte ai clienti, ai dipendenti e ai ragazzi e alle ragazze delle scuole medie superiori.
I manager devono generare contesti in cui le persone possano esprimersi e prodigarsi perché le organizzazioni diventino luoghi di realizzazione
Il testo di Mordacci, breve e foriero di molte riflessioni, si sviluppa intorno a tre passaggi: il primo si focalizza sull’uso attuale della parola rispetto; il secondo traccia la genealogia del rispetto; il terzo è finalizzato a declinare una vera e propria, seppur “piccola filosofia del rispetto”. A fine lettura la sensazione dominante è che queste riflessioni pongono alcune questioni di grande attualità alle aziende e a chi le governa: sulle culture aziendali, sugli stili manageriali e relazionali, sul tipo di comunità che le imprese vogliono e possono essere.
Il rispetto inteso come rispetto tra pari, che vale tra tutti e per tutte le persone, è una concezione – e in questo senso può essere intesa come conquista – moderna. Nell’antichità non esisteva questa idea di rispetto, che invece veniva declinato e vissuto o come deferenza/soggezione, verso un’autorità, un potere costituito o una divinità; o come stima o apprezzamento verso qualcuno cui veniva riconosciuto un carattere di eccezionalità, per una particolare performance o per un inusuale virtuosismo.
Nel primo caso la parola rispetto era connessa alla parola autorità; nel secondo caso invece alla parola eccezionalità. In entrambi i casi il rispetto rimandava a un’idea di superiorità di qualcuno che, in quanto superiore, prevedeva o pretendeva l’esercizio di un atteggiamento rispettoso (da chi superiore non era).
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