Comincia a diffondersi anche in Italia la nozione che il processo di collaborazione tra azienda e dipendente è a due vie: non è solo il candidato a dover dimostrare di essere la persona giusta per quel determinato ruolo, ma anche l’azienda deve essere sufficientemente attrattiva per il candidato.
Certamente più è alto il livello di disoccupazione, più l’azienda avrà maggior potere di negoziazione. Per certi ruoli, però, anche a fronte di una crisi, questo discorso sarà irrilevante.
Pensiamo a oggi: la corsa verso la digitalizzazione, fino a qualche tempo fa meno sentita nel nostro Paese, è diventata una necessità, quindi anche in un mercato con tassi di disoccupazione giovanile preoccupanti.
Le figure “digitali” sono ricercate ed è qui che all’azienda “muscolare” è richiesto uno sforzo mai fatto prima: quanto si è adeguati? Quanto si è innovativi? Cosa si deve offrire di nuovo o di diverso?
La cultura dell’innovazione oggi è uno dei presupposti per poter crescere ed evolvere, su questo non ci sono più dubbi, ma la via dell’innovazione richiede un grande cambiamento culturale dentro l’azienda per poter inserire nuove figure in un ambiente in grado di utilizzarle al meglio.
Con la digitalizzazione cresce la necessità di assumere nuove figure. Per attrarle e farle rendere al meglio serve condividere le decisioni, riconoscere i diritti e “punire” meno
Anche nel nostro Paese le cose si stanno muovendo, come dimostra la ricerca di Great Place to Work® Italia, società specializzata nell’analisi del clima aziendale e dell’employer branding, che ha pubblicato la classifica delle 15 aziende con cultura più innovativa in Italia del 2021, intervistando 40mila collaboratori e indagando 128 aziende.
Il risultato è che il 27% delle imprese in graduatoria proviene dal settore tecnologico e, rispetto ai tre anni precedenti, si nota un aumento delle aziende “totally made in Italy” pari al 40%. Interessante capire quali siano stati i parametri che costituiscono l’Innovation Index, sintetizzati in: coinvolgimento, riconoscimento e tolleranza dell’errore.
Parlando di coinvolgimento, la ricerca intende: “Lo scambio proattivo di informazioni tra manager e collaboratori: le persone apprezzano il fatto di essere coinvolte dal punto di vista decisionale e, soprattutto, nella ricerca di suggerimenti o idee utili a migliorare l’employee experience”.
Il riconoscimento riguarda l’attenzione posta dall’azienda alle esigenze dei lavoratori, che oggi si traducono nell’implementazione di modalità di lavoro più flessibili. Infine, la tolleranza dell’errore, un gradino da superare per migliorare e non un elemento da “punire”. Vale il detto “impariamo dai nostri errori”. Una logica applicata da tempo da tutto il mondo web, Amazon in primis.
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